Tessile e Fast Fashion – Le alternative ecologiche possibili, per la salute umana e del pianeta
Si parla molto di fast fashion, per l’impatto ambientale devastante e le condizioni di lavoro inaccettabili che dietro ad essa si celano. Ma spesso non si cerca di capire quali siano le sue origini storiche – che ci portano fino alle leggi suntuarie, in vigore dal Medioevo fino al XVIII secolo – e le ragioni profonde, a livello psicologico, che la alimentano, nascondendo dietro a una promessa di libertà le catene di un consumo compulsivo.
Nel focus di questo numero della rivista “L’Ecofuturo Magazine”, vari modi per farlo mostrando anche le alternative possibili, fra ecotecnologie e scelte consapevoli, per la salute umana e del pianeta. Non a caso, questo numero esce proprio in occasione della “Giornata Mondiale della Salute”.
La Rete Bachicoltura Setica ed il Cantiere della Provvidenza sono presenti da pagina 37 della rivista di Marzo-Aprile 2025
Fili per la sostenibilità
Il settore tessile è responsabile di circa il 10% delle emissioni globali di CO₂, oltre a un consumo intensivo di acqua e sostanze chimiche. La buona notizia è che le fibre naturali rappresentano un’alternativa, valida e sostenibile, rispetto alle fibre sintetiche derivate perlopiù dal petrolio. Tra queste, la seta e la canapa si distinguono per le loro caratteristiche uniche, ma anche per le sfide legate alla loro produzione.
Seta etica
La seta è una delle fibre tessili più pregiate, apprezzata per la sua morbidezza, lucentezza e resistenza. Ottenuta dal bozzolo del baco da seta, la sua produzione risale a oltre cinquemila anni fa in Cina, ancora oggi il principale produttore mondiale. Dal punto di vista ambientale presenta diversi vantaggi: è biodegradabile e non contiene microplastiche. Non mancano però le criticità: in genere l’allevamento dei bachi richiede grandi quantità di foglie di gelso abbinato a un uso intensivo di acqua e pesticidi.
Eppure, c’è chi è riuscito a rendere sostenibile, ed etica, l’intera filiera. È il caso del Cantiere della Provvidenza SPA – dove SPA sta per Società Persona Ambiente – che ha riportato l’antica tradizione del baco da seta nella provincia di Belluno.
«Desideravamo fare qualcosa di innovativo, collegato alla storia del territorio – ci racconta Angelo Paganin, co-fondatore e vicepresidente del Cantiere della Provvidenza –. La scintilla è nata quando abbiamo partecipato a un convegno internazionale organizzato dal CREA di Padova, l’unico ente in Europa depositario del patrimonio genetico dei bachi da seta. In quell’occasione abbiamo scoperto che il baco non si limita alla produzione di seta, ma ha un potenziale enorme in altri ambiti».
Nasce così l’idea di recuperare un’antica tradizione agricola, radicata nella storia della Repubblica di Venezia, dove la coltivazione del baco da seta contribuì alla costruzione di molte ville palladiane. Una pratica che subì un drastico declino negli anni ‘60 a causa dell’aumento del costo della manodopera e, soprattutto, dell’uso di pesticidi nei frutteti della Val di Non e del veronese.
«Il baco da seta è un vero e proprio sensore della qualità ambientale – continua Paganin –. Dopo i primi positivi test abbiamo convinto Veneto Agricoltura di Belluno a piantumare 2.100 gelsi. Tutte le nostre piante sono prive di trattamenti chimici, utilizziamo solo concimi biologici per garantire il giusto apporto di azoto al terreno».
Il fabbisogno alimentare del baco cresce in modo esponenziale nel corso delle cinque età larvali (28 giorni), basti pensare che aumenta di 8 mila volte il suo peso iniziale: se all’inizio 20 mila bachi consumano appena 400 grammi di foglie al giorno, nell’ultima settimana ne richiedono fino a 60 kg.
Il Cantiere opera inoltre per garantire una remunerazione equa per l’intera filiera e per valorizzare le proteine del bozzolo in ambito biomedicale, farmaceutico e cosmetico.
«Questo ci permette di sviluppare prodotti innovativi e sostenibili, mantenendo viva una tradizione con un approccio moderno: un esempio è il progetto Seta Etica, sviluppato insieme a D’orica. Altro aspetto cruciale è la gestione dell’allevamento, che richiede un ambiente pulito, una temperatura costante tra i 20 e i 25 °C’ un tasso di umidità inferiore al 60%. Insieme ad altri allevatori veneti, abbiamo costituito la rete di imprese agricole Bachicoltura Setica per condividere competenze ed essere un interlocutore unico per i clienti finali – aggiunge infine Paganin –. Rispetto alla pianura, il nostro allevamento in Valbelluna inizia con un mese di ritardo a causa del clima più fresco. Questo ci ha portato a puntare più sulla qualità che sulla quantità. Oggi alleviamo due ibridi di baco, uno cinese e uno giapponese. A differenza di quanto avviene normalmente, non essicchiamo i bozzoli ma estraiamo le crisalidi per selezionare maschi e femmine di entrambe le varietà (come spiega un documentario su YouTube). Incrociandoli, otteniamo un poliibrido che produce un filo di seta continuo lungo fino a 3 mila metri».
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